Castelli Calabresi


ELENCO GENERALE

1) Le Castella

2) Castello di Roseto

3) Castello Carafa

4) Castello della Valle

5) Castello Ruffo di Scilla

6) Castello ducale di Corigliano

7) Castello Murat

8) Castello Normanno-Svevo di Cosenza

9) Castello Carlo V

10) Castello Aragonese di Reggio Calabria

11) Castello Ruffo di Nicotera

12) Castello Svevo di Rocca Imperiale

13) Castello di Caccuri

14) Castello Normanno-Svevo di Vibo Valentia

15) Castello Aragonese di Castovillari

16) Castello Normanno di Stilo

17) Castello di Belvedere marittimo

18) Regio Castello di Amantea

19) Castello di Squillace

20) Castello Normanno di Amendolara

21) Castello Galluppi

22) Castello di Serragiumenta

23) Castello di Gioiosa

24) Castello Gallelli di Badolato

25) Castello di San Mauro

Castello Aragonese di Reggio Calabria



Il castello aragonese di Reggio Calabria è la principale fortificazione della città, sorge nell’omonima piazza Castello tra la via Aschenez e la via Possidonea. Esso è considerato, insieme ai Bronzi di Riace, uno dei principali simboli storici della città di Reggio. Dal 1956 ospita l’osservatorio dell’Istituto nazionale di geofisica. Anche se è universalmente conosciuto come “aragonese”, l’origine del Castello di Reggio è in realtà molto più antica infatti tracce di una fortificazione di questa zona della città risalgono all’epoca romana. Comunque l’esistenza documentata di un vero e proprio castello risale all’anno 536; successivamente nel 1059 passò dai Greci ai Normanni e nel 1266 a Carlo I d’Angiò. Dall’epoca dei Normanni, che vi stabilirono la corte, il castello fu modificato ed ampliato in più riprese e venne restaurato nel 1327, dopo le ripetute guerre tra Angioini ed Aragonesi, quindi fortificato nel 1381 dalla regina Giovanna I. Nel 1382 Carlo di Durazzo ordinò al capitano governatore di Reggio la restaurazione del castello ponendo scrupolosa attenzione affinché i lavori fossero adempiti da tutti gli addetti.

« La torre maestra del castello, detta Magna de’ Cola, circondata di mura, e la torre lombarda dovevano essere restaurati a spese della regia Curia; la torre Palombara a spese dei Giudei di Reggio; la torre di Mese a spese dei cittadini di Mesa; la torre detta di Santo Niceto dagli abitatori di Santo Niceto; la torre ch’era sulla porta dagli abitatori di Amendolea; la torre, detta Malerba da quei di Malerba; le fabbriche ch’erano nel castello accanto alla Chiesa a spese della regia Curia.
La Chiesa del castello dovea restaurarsi a spese dell’Abazia di San Nicola di Calamati; l’impennata sull’entrata della porta del castello a spese dell’abazia di Terreti.
Il vescovo, di Bova dovea, restaurare le stanze ov’erano, la cucina e la dispensa; gli uomini, del feudo di Leucio de Logoteta, il forno; l’abazia di San Giorgio de Enchia la sala, grande e finalmente l’università di Reggio dovea curare il restauro de’ barbacani. »

Comunque fu Ferdinando I di Aragona nel 1458 a far eseguire le modifiche più sostanziali, costruendo due grosse torri merlate verso sud e un rivellino ad oriente, fu aggiunto il fossato, alimentato dal torrente Orangi (che scorreva nei pressi dell’attuale piazza Orange) e dopo un primo intervento si dovette alare l’opera di svariati metri per permettere ai cannoni di colpire fino al quartiere extraurbano di Sbarre, tutto sotto la direzione dei lavori di Baccio Pontelli (noto architetto e discepolo di Giorgio Martini). Nel 1539 Pietro da Toledo ne fece aumentare la capienza interna in modo da poter rifugiare quasi 1000 persone, permettendo di salvare più volte i reggini dalle invasioni dei Turchi durante le quali il castello fu usato come prigione. Comunque nonostante numerosi interventi, dall’epoca di Ferdinando I di Aragona l’aspetto rimase pressoché inalterato fino al 1869, quando ne venne decisa la riconversione in caserma, che comportò l’abbattimento del rivellino con l’unificazione del piano interno. Con l’unità d’Italia del 1874, scoppiarono diatribe tra chi voleva demolire il castello per fare scomparire l’ultima testimonianza del dominio spagnolo e chi ne voleva impedire la demolizione perché il castello rappresentava un monumento storico di tutte le antiche ed importanti memorie. Nel 1897 il Castello è stato dichiarato Monumento Nazionale. Più tardi venne danneggiato dal terremoto del 1908, e in parte anche demolito per poter congiungere la via Aschenez con la via Cimino secondo le indicazioni del discutibile piano regolatore, redatto malvolentieri da Pietro De Nava su consiglio dell’amministrazione. Fu però mantenuta la parte più antica e significativa del bastione, quella con le due torri aragonesi. Nel 1986 a causa di inadeguati lavori di restauro crollò un’altra parte del castello. Oggi, grazie a sapienti e moderni lavori di restauro conclusi con successo nel 2000, il castello si presenta in tutta la sua bellezza, ed è sede di periodiche esposizioni e mostre d’arte e di fotografia.















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